domenica 30 ottobre 2011

Karenin


«Alle sei squillò la sveglia. Era il momento di Karenin. Si svegliava sempre molto prima di loro, ma non aveva il coraggio di disturbarli. Aspettava pazientemente il suono della sveglia che gli dava il diritto di saltare sul letto, di zampettare sui loro corpi e di dare musate. Per un po' avevano cercato di impedirglielo e lo cacciavano giù dal letto, ma lui era più testardo di loro e alla fine si era conquistato il propri diritti. Del resto negli ultimi tempi Tereza si era accorta che era piacevole ricevere il buon giorno da Karenin. Il momento del risveglio era una vera e propria gioia per lui: si meravigliava ingenuamente e stupidamente di essere ancora al mondo e ne provava una felicità sincera. Lei invece si svegliava con disgusto, col desiderio di prolungare la notte e di non aprire gli occhi.
Adesso Karenin era in ingresso e guardava in alto l'attaccapanni dov'era appeso il collare con il guinzaglio. Lei glielo mise al collo e si avviarono insieme verso il negozio. Lì comprò latte, pane, burro e come sempre un panino per lui. Sulla strada del ritorno, lui le trotterellava accanto, col panino in bocca. Si guardava attorno con orgoglio, soddisfattissimo di essere notato e indicato dalla gente.
A casa si allungò il panino con la soglia della camera aspettando che Tomàš si accorgesse di lui, si accovacciasse e cominciasse a ringhiare, facendo finta di volergli prendere il panino. Era così ogni giorno: per cinque minuti buoni si rincorrevano su è giù per l'appartamento fino a che Karenin non si infilava sotto al tavolo e divorava rapidamente il panino.»


Milan Kundera, L'insostenibile leggerezza dell'essere


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