domenica 30 ottobre 2011

Il re dei camosci

«Un rifugio del re dei camosci era sotto un mugo, scavato da lui stesso con le corna e le zampe. Era un’arte sconosciuta al branco, lui l’aveva imparata per nascondersi. La sua specie sapeva grattare la neve con gli zoccoli per cercare un po’ d’erba sbiadita. Lui aveva imparato a smuovere la terra.
Si era infilato sotto un mugo la prima volta per sfuggire all’odore di un uomo vicino. Quando era passato, aveva tolto dei sassi con le zampe e si era ricavato un buon riparo. Sotto il tetto di rami alzava il muso di notte verso l’alto del cielo, un ghiaione di sassi illuminati. A occhi larghi e respiro fumante fissava le costellazioni, in cui gli uomini stravedono figure di animali, l’aquila, l’orsa, lo scorpione, il toro.
Lui ci vedeva i frantumi staccati dai fulmini e i fiocchi di neve sopra il pelo nero di sua madre, il giorno che era fuggito da lei con la sorella, lontano dal suo corpo abbattuto.
D’estate le stelle cadevano a briciole, ardevano in volo spegnendosi sui prati. Allora andava da quelle cadute vicino, a leccarle. Il re assaggiava il sale delle stelle.»

Erri De Luca, Il peso della farfalla

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